Lo scritto ha ad oggetto la disciplina dell’organo facoltativo di controllo nella s.r.l., in particolare sotto il profilo dell’ambito di autonomia concessa ai soci con attenzione anche alla s.r.l. aperta ed alla possibilità di costituire organi di controllo atipici.
The paper is concerned with the regulation of the optional control body in limited liability companies, particularly in terms of the scope of autonomy granted to shareholders with attention also to the “open” limited liability company and the possibility of establishing atypical control bodies.
1. Premessa - 2. L’area dell’autonomia statutaria - 2.1. I limiti derivanti dalla funzione di controllo; la nomina - 2.2. Norme riferite all’organo di controllo - 3. Organi di controllo “tipici”. S.r.l. aperte - 4. Organi di controllo “atipici” - NOTE
“Per quanto, forse, prevedibilmente infrequente, è comunque possibile che, in sede statutaria, i soci intendano strutturare, se pure in via facoltativa, una funzione di controllo interno. Ed in tal caso l’art. 2477, primo comma, si rimette all’autonomia privata, stabilendo che l’atto costitutivo possa alternativamente prevedere tanto la nomina di un revisore, quanto la nomina di un collegio sindacale, determinandone le competenze e i poteri. Il problema più delicato che si pone nell’ipotesi di istituzione volontaria di queste strutture di controllo interno consiste nello stabilire se e quali limiti si pongano all’autonomia privata, essendo lecito domandarsi se in tale opera di autoregolamentazione i soci siano, oppure no, sovrani e liberi da qualsiasi vincolo”. Così si esprimeva l’Autore a cui è dedicato il presente scritto in un articolo pubblicato all’indomani dell’approvazione del decreto legislativo contenente la riforma societaria [1]. Oggi, ai sensi del comma 1 dell’art. 2477 c.c., l’atto costitutivo della s.r.l. può prevedere, determinandone le competenze e i poteri, ivi compresa la revisione legale dei conti, la nomina di un organo di controllo o di un revisore; se lo statuto non dispone diversamente, il primo è costituito da un solo membro effettivo. Nel sistema originario del codice civile l’art. 2488 disponeva che la nomina del collegio sindacale è obbligatoria se il capitale non è inferiore ad un milione di lire o se è stabilita nell’atto costitutivo: in tal caso si applicano le regole che disciplinano nell’ambito della s.p.a. il collegio sindacale. A sua volta l’art. 2489 contemplava i poteri di controllo individuale del socio solo nel caso di s.r.l. priva del collegio sindacale. Da un raffronto tra la disciplina attuale e quella contenuta nel codice civile del 1942 si rileva un dato omogeneo, che è costituito dalla necessaria previsione nell’atto costitutivo ai fini dell’adozione di forme di controllo istituzionali. Quindi i soci non avevano e non hanno la facoltà di nominare un organo di controllo senza la previsione dell’atto costitutivo. Nel contesto anteriore sussisteva solo l’opzione costituita dalla presenza del collegio sindacale, mentre oggi l’atto costitutivo può consentire la nomina di un sindaco unico o [continua ..]
Il legislatore prevede – come osservato – per le s.r.l. di minori dimensioni e che comunque non siano tenute alla redazione del bilancio consolidato e non controllino una società obbligata alla revisione legale dei conti, che la nomina di un organo di controllo o di un revisore sia lasciata alla libera scelta dei soci [3]. In tal caso, sono ritenuti sufficienti i penetranti poteri di informazione e di consultazione attribuiti ai soci non amministratori; non è per contro necessaria la presenza di un controllo istituzionalizzato, affidato ad un organo della società o ad un soggetto esterno. Naturalmente la “vigilanza” operata dai soci avviene nel loro interesse ed è lasciata alla loro libera scelta la sua attivazione.
Come si è rilevato nelle pagine precedenti, la formulazione dell’art. 2477 c.c., nella stesura in vigore, amplia l’autonomia concessa ai soci nel delineare il ruolo che può essere attribuito all’organo di controllo, oltreché consente la scelta sotto il profilo strutturale tra un organo monocratico ed uno collegiale. In dottrina si è sottolineato, fin dai primi commenti sulla riforma societaria [4], che le stesse funzioni di controllo e di revisione legale dei conti, coerenti con la denominazione degli organi facoltativi (appunto organo di controllo, revisore), costituiscono un limite alle competenze loro attribuibili. Pertanto non possono essere conferiti compiti che rientrino nei poteri degli amministratori o dell’assemblea o delle decisioni dei soci [5]. L’art. 2479, comma 2, c.c. prevede che in ogni caso sia riservata alla competenza dei soci la nomina nelle fattispecie previste dall’art. 2477 dei sindaci e del presidente del collegio sindacale o del soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti. Dal momento che la norma si riferisce ai casi di cui all’art. 2477 e quindi sia all’ipotesi di nomina facoltativa sia a quella di nomina obbligatoria e trattandosi chiaramente di regola imperativa, come fatto palese dalla formula “in ogni caso”, si è ritenuto che questa regola rappresentasse un limite alle facoltà concesse ai soci. Pertanto, sul fondamento di tale interpretazione, sarebbe esclusa la possibilità della nomina dell’organo di controllo da parte di un socio quale diritto particolare (e naturalmente a maggior ragione la possibilità che un socio avesse il diritto particolare di essere componente dell’organo di controllo) [6]. Stando alla lettera della norma, in effetti sembrerebbe inderogabile la competenza dell’assemblea o delle decisioni dei soci alla designazione dei componenti dell’organo di controllo o del revisore. Da un punto di vista sistematico tale interpretazione, a mio avviso, desta perplessità tenuto conto che si tratta pur sempre di un organo facoltativo che può essere in ampia misura “plasmato” dai soci. Mi sembra quindi attribuibile un diritto particolare alla nomina dei componenti di tale organo o del revisore, così come alla nomina dell’amministratore [7]. Infatti, “il venir meno delle ragioni sottese [continua ..]
Si è osservato in dottrina come numerose norme di carattere inderogabile siano riferite genericamente all’organo di controllo, senza specificare se di nomina obbligatoria o facoltativa: trattandosi di regole imperative non sarebbe possibile sottrarre tali compiti all’organo di controllo facoltativo [9]. Così il comma 2 dell’art. 2475-ter c.c. in tema di conflitto di interessi stabilisce che le decisioni del consiglio in presenza di tale situazione e di ulteriori presupposti possono essere impugnate, tra gli altri, “dai soggetti previsti dall’art. 2477”. Per contro il comma 1 dell’art. 2479-ter dispone che le decisioni dei soci non conformi alla legge o all’atto costitutivo possono esser impugnate, tra gli altri, dal collegio sindacale. L’art. 2482-bis, relativo alla riduzione del capitale per perdite, dispone che la relazione degli amministratori sulla situazione patrimoniale della società debba essere corredata dalle osservazioni “nei casi previsti dall’art. 2477 del collegio sindacale o del soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti” (comma 2). Inoltre “i sindaci o il soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti nominato ai sensi dell’art. 2477” (comma 4) devono chiedere al Tribunale che venga disposta la riduzione del capitale in caso di mancato intervento dell’assemblea. Ai sensi dell’art. 2478 la s.r.l. deve tenere il libro delle decisioni “del collegio sindacale nominato ai sensi dell’art. 2477”. L’art. 2429 disciplina la relazione dei sindaci ed è richiamato dall’art. 2478 bis in tema di s.r.l. Infine la disciplina della denuncia al Tribunale di cui all’art. 2409, oggi espressamente richiamata per la s.r.l. dall’art. 2477, ultimo comma, stabilisce che i provvedimenti previsti possono essere adottati anche su richiesta del collegio sindacale. Queste due ultime norme dettate per la s.p.a., richiamate per la s.r.l., sono evidentemente neutre rispetto al nostro problema. Nelle altre disposizioni, a parte l’art. 2479-ter, il legislatore si riferisce ai casi previsti dall’art. 2477 e quindi sembrano valere sia in presenza di organi obbligatori sia in presenza di organi facoltativi. Tuttavia il carattere imperativo di queste norme anche nel caso di organi facoltativi può destare perplessità, tenuto conto, [continua ..]
È sicuramente possibile, come nel sistema delineato dal codice civile nella sua originaria formulazione, prevedere nell’atto costitutivo un organo di controllo, unipersonale o pluripersonale, che abbia i compiti propri del collegio sindacale o del sindaco unico, richiamando al proposito la relativa disciplina nell’ambito della s.p.a. In tal caso, si tratta sostanzialmente di una dilatazione dell’ambito di applicazione del controllo istituzionale obbligatorio. Varie ragioni potrebbero giustificare questa scelta (ed i relativi costi). Potrebbe venire in considerazione il particolare tipo di attività svolto dalla società o la presenza di particolari soci, quali gli enti pubblici. Potrebbe altresì venire in considerazione la composizione della compagine sociale, in specie se conseguente ad un aumento di capitali offerto al pubblico tramite il crowdfunding con la presenza quindi di soci finanziatori e di peculiari esigenze di trasparenza e di tutela. Nell’ipotesi di s.r.l. aperta che offra al pubblico le proprie partecipazioni, a mio avviso, la disciplina del controllo propria della s.r.l. non potrebbe venire in considerazione. La presenza di un pubblico di soci finanziatori rende(rebbe) necessaria l’applicazione delle norme della s.p.a. e quindi la presenza obbligatoria dell’organo sindacale, sia pure nella versione più semplificata del sindaco unico: non è facile infatti ipotizzare una s.r.l. che si rivolga al mercato del capitale di rischio priva di un organo sindacale a cui sia affidato il controllo sulla gestione e la revisione legale dei conti. Tuttavia in senso contrario possono venire in considerazione alcuni dati normativi. In primo luogo, il modello uniforme di atto costitutivo/statuto per le start up innovative in forma di s.r.l., di cui all’art. 3, comma 10-bis del d.l. n. 3/2015, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 33/2015, prevede espressamente, al punto 25, la nomina dell’organo di controllo o del revisore adottando la seguente clausola: «quando obbligatorio ai sensi dell’art. 2477 comma 3 del codice civile, l’assemblea nomina un organo di controllo o un revisore». Il modello uniforme, come espressamente previsto dal punto 8, si applica anche nel caso di società che offra al pubblico le proprie partecipazioni. Ciò posto, diventa non facile estendere la disciplina della s.p.a. alle s.r.l. aperte [continua ..]
Prendendo le mosse dall’ambito di autonomia concessa ai soci, così come delineata nei paragrafi precedenti, appare possibile la creazione di organi di controllo “atipici”, sia pure entro i limiti sopra indicati [11]. Non si tratta quindi di attribuire competenze gestorie e ancor meno di sottrarre compiti propri dell’assemblea o delle decisioni dei soci, ma potrebbero venire in considerazione l’opportunità della presenza di organi di controllo con competenze estese, ad esempio, a pareri ed autorizzazioni [12]. E ciò tanto più alla luce degli obblighi attribuiti all’organo di amministrazione in ordine alla creazione degli assetti adeguati ed al monitoraggio continuo della situazione patrimoniale ed economica-finanziaria della società. È appena il caso di sottolineare la rilevanza oggi assunta sia nel dibattito dottrinale giuridico ed economico, sia nella prassi, sia negli interventi del legislatore europeo e nazionale, della sostenibilità alla luce dei fattori ESG nella prospettiva della responsabilità sociale dell’impresa. In particolare, sono oggetto degli interventi attuali e in prospettiva del legislatore europeo e dei legislatori nazionali i profili concernenti la trasparenza dei rischi collegati ai fattori ESG (e il loro impatto nell’ottica finanziaria) e la loro mitigazione. Occorre sottolineare la rilevanza in tale prospettiva non solo delle grandi imprese, ma anche della P.M.I. Lo stesso legislatore europeo dedica attenzione a queste ultime sia pure con la consapevolezza della necessaria applicazione di un principio di proporzionalità e delle difficoltà e dei costi per le imprese minori di monitorare e, se possibile, mitigare i rischi in esame; d’altra parte banche, finanziatori e fornitori sono e devono essere particolarmente attenti a tali prospettive in relazione ai propri clienti, al di là delle loro dimensioni. Nell’ambito della disciplina italiana assumono rilievo non solo le regole in tema di trasparenza adottate recependo il diritto europeo, ma anche, e direi soprattutto, i nuovi obblighi imposti dal Codice della crisi. Pure norme già presenti nell’ordinamento possono oggi essere lette in una prospettiva differente e valorizzate in tutta la loro portata. Come è noto, l’art. 3 del Codice della crisi prevede che l’imprenditore individuale deve adottare [continua ..]