Il presente contributo ricostruisce le relazioni interorganiche e gli strumenti principali che consentono al collegio sindacale di acquisire e scambiare flussi informativi. In particolare, lo scritto mette in luce le implicazioni che le norme contenute nel Codice della Crisi, relative all’allerta interna ed esterna, generano sull’informativa societaria e sul ruolo del collegio sindacale.
This paper aims to study the inter-organisational relationships and the main tools that allow the board of statutory auditors to acquire and exchange information flows. In particular, the paper highlights the implications that the rules contained in the Crisis Code, relating to internal and external alerts, generate on corporate reporting and on the role of the board of statutory.
1. Premessa. Il tema dei flussi informativi nel quadro dell’evoluzione normativa: il collegio sindacale come punto di confluenza - 2. I rapporti del collegio sindacale con l’organo amministrativo: partecipazione ai consigli di amministrazione, ai comitati esecutivi e raccolta di informazioni - 2.1. Segue. Le riunioni del consiglio di amministrazione: opportunità dell’organo di controllo per effettuare la segnalazione di cui all’art. 25-octies c.c.i.i. ovvero “mezzo” di risposta per gli amministratori - 3. L’interazione informativa tra organi delegati e collegio sindacale. La relazione periodica quale “strumento informativo di raccordo” tra i due differenti organi - 3.1. Segue. La relazione periodica: documento idoneo per l’acquisizione delle informazioni circa l’adeguatezza degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili - 4. I flussi informativi extrasocietari - 5. Il rapporto dialettico tra organo di controllo e soci. L’intervento dei sindaci alle adunanze assembleari - 5.1. Segue. La relazione al bilancio ex art. 2429 c.c. La necessità di un’informativa rafforzata - 6. Il collegio sindacale perno del sistema di controllo interno. Lo scambio informativo con le funzioni di controllo - 6.1. Segue. I rapporti tra l’organo di controllo e l’Organismo di Vigilanza di cui al d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 - 7. Osservazioni conclusive - NOTE
Nell’ambito del diritto societario è stato osservato che se si dovesse indagare «la prospettiva diacronica del progressivo sviluppo dell’informazione», il legislatore «in modo invertito rispetto alla sequenza logica da seguire» [1] ha focalizzato la sua attenzione verso quella che la dottrina ha definito come «informazione esosocietaria» [2] e, cioè, quel flusso informativo che la società deve trasferire verso l’esterno. Invero, sia con la normativa dedicata al bilancio d’esercizio [3], sia con la regolamentazione della società di revisione [4], per effetto della legge n. 216/1974 e del d.P.R. n. 136/1975, il tema dell’informazione è venuto in rilievo, in un primo momento, nel rapporto tra impresa e mercato [5]. In altri termini, il legislatore si è, prima facie, preoccupato di dover disciplinare i flussi informativi volti a salvaguardare gli interessi degli investitori, dei soci di minoranza, dei creditori e, più in generale, di tutti gli stakeholders [6]. A segnare un passaggio di prospettiva in tema di informativa societaria è l’emanazione del d.lgs. n. 58/1998 (c.d. “Testo unico delle disposizioni in materia finanziaria” o “t.u.f.”, noto anche come “Decreto Draghi”), che ha spostato il pendolo del legislatore e la relativa attenzione della dottrina verso la sfera endosocietaria [7]. L’informazione, pertanto, ha assunto un ruolo centrale anche nei rapporti endosocietari interorganici [8], principalmente tra organo amministrativo, collegio sindacale e controllo interno [9]. Difatti, le disposizioni contenute nel t.u.f. hanno consentito, per le società per azioni aperte, l’implementazione di canali informativi volti a favorire una convergenza tra tutti i soggetti che, da posizioni differenti, avessero tra i loro compiti la verifica del corretto sviluppo delle dinamiche di gestione [10]. Senonché, al fine di garantire una corretta circolazione dell’informazione anche nelle società di diritto comune, il legislatore, con il d.lgs. n. 6/2003 (c.d. “Riforma del Diritto Societario”) [11], è intervenuto intensificando il valore dell’informazione nella corporate governance [12] attraverso la modifica e l’inserimento di alcune norme nel codice civile [13]. In [continua ..]
Un «mezzo privilegiato» [39] che consente l’assunzione delle informazioni e l’attivazione dei doveri di interazione informativa è rappresentato dalla partecipazione, da parte del collegio sindacale, alle riunioni assembleari e, più in particolare, a quelle del consiglio di amministrazione e, ove previsto, del comitato esecutivo [40] che rappresenta il «cuore del potere decisionale» [41]. Invero, la dottrina ha osservato che, attraverso la partecipazione a tali riunioni, i sindaci possono non solo acquisire direttamente informazioni relative alla gestione sociale, ma anche intervenire nella discussione e pronunciarsi per garantire un controllo preventivo sulle decisioni gestionali ordinarie e straordinarie, affinché esse non arrechino alcun danno alla società [42]. Pertanto, il dovere di assistere alle adunanze degli organi sociali risulta funzionale alla cognizione della gestione amministrativa e «ai fini del dialogo con gli amministratori e con i soci per rendere note le valutazioni di controllo che essi intendono fare» [43]. Diversamente, se il dialogo «fra sindaci, amministratori e soci» [44] non avesse luogo, la presenza del collegio sindacale alle riunioni perderebbe di significato, potendo i sindaci attingere le informazioni dalla relativa consultazione dei verbali [45]. Orbene, i sindaci – secondo l’orientamento maggioritario formatosi – devono partecipare attivamente alle riunioni [46] interloquendo con gli amministratori, manifestando il proprio assenso o dissenso sulle singole decisioni [47] ed effettuando «osservazioni e valutazioni anche preventive sull’attività di gestione» [48]. In particolare, i sindaci possono, durante le riunioni consiliari, sollecitare gli organi delegati e il presidente del consiglio di amministrazione a fornire ulteriori informazioni relativamente ai punti previsti all’ordine del giorno sui quali si andrà a deliberare [49]. Ciò consente al collegio sindacale di effettuare un controllo preventivo dell’attività istruttoria svolta dall’organo delegato prima di sottoporre all’approvazione una qualsivoglia decisione al consiglio e permette, altresì, agli amministratori deleganti di colmare (laddove fosse necessario) il gap informativo creatosi a seguito delle non sufficienti [continua ..]
Si è poc’anzi osservato come la partecipazione alle riunioni consiliari consenta al collegio sindacale di poter acquisire informazioni per l’espletamento della propria funzione di vigilanza, ma anche di instaurare un rapporto dialettico e di scambio informativo con gli amministratori. A tal proposito, la dottrina ha evidenziato che il collegio sindacale «può registrare in presa diretta, nel corso delle adunanze, dati relativi alle vicende societarie» e che l’art. 2405 c.c. consente uno scambio informativo tra organo gestorio e organo di controllo tale da garantire una più idonea «individuazione delle misure» volte «al superamento delle condizioni di difficoltà» [69]. Pertanto, tale affermazione induce l’interprete ad interrogarsi su quali possano essere effettivamente i punti di contatto esistenti, alla luce del nuovo quadro normativo, tra l’art. 2405 c.c. e il corrispondente obbligo di segnalazione che l’art. 25-octies c.c.i.i. pone in capo all’organo di controllo. In primo luogo, diviene opportuno indagare se il collegio sindacale possa effettuare la segnalazione di cui all’art. 25-octies c.c.i.i. nella forma di una dichiarazione trascritta a verbale nel corso di una adunanza del consiglio di amministrazione. In secondo luogo, un’ulteriore questione suscettibile di esame mira a comprendere se l’adunanza consiliare possa rappresentare un “mezzo di risposta” da parte dell’organo amministrativo alle segnalazioni ricevute dall’organo di controllo. In merito alla prima questione, occorre rilevare che la dottrina, relativamente all’art. 14 c.c.i.i. nella sua originaria formulazione, aveva osservato che una segnalazione fatta dal collegio sindacale mediante una dichiarazione nel corso di una riunione consiliare, nonostante sembrasse soddisfare il requisito della forma scritta richiesta dalla disposizione e assegnasse una data certa alla segnalazione (la quale sarebbe coincisa con la data dell’adunanza oggetto della verbalizzazione), non era perfettamente in linea con quanto richiesto dal legislatore del c.c.i.i. che pareva, invece, imporre «un onere formale e di comunicazione specifico» [70]. Inoltre, l’Autore aveva altresì evidenziato che, poiché nella prassi la redazione dei verbali avviene quasi sempre in un momento successivo all’adunanza, [continua ..]
Il collegio sindacale, per poter svolgere diligentemente la propria funzione di vigilanza, deve assicurarsi le informazioni necessarie sia mediante la partecipazione alle riunioni degli organi sociali, sia mediante l’esercizio dei poteri ispettivi e di richiesta e di scambio di informazioni ad esso conferiti dalla legge. In particolare, al fine di consentire ai sindaci di partecipare informati alle riunioni del consiglio di amministrazione, come si è avuto modo di osservare, è fondamentale che essi ricevano dal presidente del cda, come gli amministratori deleganti, un’adeguata informativa preconsiliare [80]. Tale flusso informativo non è di certo l’unico che il collegio sindacale condivide con gli amministratori privi di delega [81], poiché entrambi sono destinatari di ulteriori flussi informativi previsti ex lege, tra cui quello relativo alla relazione periodica predisposta ai sensi dell’art. 2381, comma 5, c.c. dagli organi delegati (comitato esecutivo e/o amministratore/i delegato/i) [82]. Difatti, gli organi delegati, oltre a curare l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile affinché esso sia adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa (ex art. 2381, comma 5, c.c.) [83], nonché alla tempestiva rilevazione della crisi e alla perdita di continuità aziendale (ex artt. 2086, comma 2, c.c. e art. 3 c.c.i.i.), hanno il dovere di riferire sia al consiglio di amministrazione, sia al collegio sindacale, con la periodicità fissata dallo statuto e in ogni caso almeno ogni sei mesi, «sul generale andamento della gestione e sulla sua prevedibile evoluzione nonché sulle operazioni di maggior rilievo, per le loro dimensioni o caratteristiche, effettuate dalla società e dalle sue controllate» (ex art. 2381, comma 5,c.c.) [84]. A ben vedere, la relazione periodica redatta dagli organi delegati – nonostante assolva ad uno scopo informativo differente per i due organi – costituisce per entrambi uno strumento indispensabile e prodromico all’esercizio delle proprie funzioni anche e soprattutto, come si avrà modo di evidenziare nell’immediato prosieguo, a seguito delle novità introdotte dal c.c.i.i. In primo luogo, occorre rilevare che per il consiglio di amministrazione – più in particolare per gli amministratori deleganti – la relazione periodica [continua ..]
Si è osservato, nelle pagine che precedono, come la relazione periodica costituisca uno strumento informativo fondamentale per il plenum e per i sindaci per poter acquisire informazioni dagli organi delegati relative al generale andamento della gestione societaria, alla prevedibile evoluzione e alle operazioni di maggiore rilevo nonché come le suddette informazioni possano risultare rilevanti al fine dell’esercizio dell’ulteriore dovere di segnalazione gravante in capo al collegio sindacale di cui all’art. 25-octies c.c.i.i. Informazioni, queste, che se fornite prontamente, permettono di poter verificare l’effettivo stato di salute dell’impresa e, allo stesso tempo, garantiscono un tempestivo intervento da parte del consiglio di amministrazione e dell’organo di controllo. Tuttavia, viene da domandarsi se la relazione periodica di cui all’art. 2381, comma 5, c.c. possa (rectius, debba) costituire lo strumento principale per consentire agli organi delegati di fornire informazioni relative agli assetti organizzativi, amministrativi e contabili da poter destinare al plenum e ai sindaci al fine di consentire al primo di valutare [106] e ai secondi di vigilare sull’adeguatezza degli stessi. Inoltre, un’ulteriore questione che merita di essere indagata attiene al contenuto specifico delle informazioni che l’organo delegato dovrebbe rendere sia all’organo amministrativo che al collegio sindacale alla luce di quanto statuito dal combinato disposto degli artt. 2381, 2086, comma 2, c.c. e 3 c.c.i.i. nuova formulazione. Partendo dal primo dei quesiti sollevati è evidente che, stando a quanto statuito dal dato letterale dell’art. 2381, comma 5, c.c., la relazione periodica ha ad oggetto un contenuto ben definito. Si è già osservato, però, che il comma 3 della medesima disposizione dispone che il consiglio di amministrazione «sulla base delle informazioni ricevute» debba valutare l’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società. Invero, dalla lettura della disposizione in esame è possibile rilevare che sebbene il legislatore si sia premurato di chiarire “il mezzo” mediante il quale il plenum potesse adempiere al proprio dovere di valutazione degli assetti, non si è allo stesso tempo preoccupato di predeterminare – per quanto concerne il flusso [continua ..]
Dall’indagine sino ad ora condotta è emerso, in generale, che nell’ambito endosocietario e, principalmente, nei rapporti con l’organo delegato e con il consiglio di amministrazione, il collegio sindacale rappresenta il punto di confluenza del sistema dei flussi informativi e di impulso nella richiesta e nello scambio delle informazioni [140]. Al collegio sindacale compete acquisire e scambiare flussi informativi per poter espletare al meglio la propria funzione di vigilanza anche al fine di rilevare eventuali situazioni di squilibrio patrimoniale e/o economico-finanziario o di crisi (probabilità di insolvenza) che farebbero insorgere il dovere di effettuare la segnalazione di cui all’art. 25-octies c.c.i.i. A ben vedere, però, gli strumenti previsti dal codice civile, ai quali si è fatto riferimento, non appaiono più gli unici a permettere al collegio di ottenere le informazioni per lo svolgimento della propria funzione. Difatti, il c.c.i.i. ha introdotto i c.d. flussi informativi “extrasocietari” che consentono al collegio sindacale di ottenere dai c.d. creditori pubblici qualificati [141] informazioni relative al superamento di determinate soglie debitorie scadute; mentre dalle banche o dagli altri intermediari finanziari [142] comunicazioni in merito a mutamenti o revoche degli affidamenti concessi [143]. In primo luogo, il riferimento è l’art. 25-novies c.c.i.i., il quale prevede che l’Istituto nazionale della previdenza sociale, l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, l’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia delle Entrate-Riscossione segnalino all’imprenditore (rectius organo amministrativo) e, ove esistente, all’organo di controllo, nella persona del presidente del collegio sindacale in caso di organo collegiale [144] – con mezzi tracciati [145] – l’esposizione del debito nei loro confronti che risulti rilevante alla luce delle soglie individuate dal comma 1 della medesima disposizione. In particolare, l’INPS, dovrà effettuare la segnalazione ogniqualvolta registri un ritardo di oltre novanta giorni nel versamento dei contributi previdenziali per un ammontare superiore: (i) al 30% dei contributi dovuti nell’anno precedente o comunque ad euro 15.000 per le imprese con lavoratori subordinati e parasubordinati; (ii) a euro 5.000 [continua ..]
Se sino ad ora si sono analizzati i rapporti intercorrenti e gli strumenti principali che consentono al collegio sindacale di acquisire e scambiare informazioni con l’organo amministrativo, non meno rilevanti sono i rapporti tra il collegio sindacale e l’assemblea dei soci che, pur non essendo particolarmente frequenti, assumono un ruolo cruciale. Difatti, i sindaci rappresentano per i soci gli interlocutori principali, che agiscono a tutela dei loro interessi e di quello della società, nel rispetto della legge e dello statuto. Invero, si è già osservato come i sindaci hanno il dovere di assistere alle riunioni degli organi sociali e la necessaria presenza, in particolare, alle riunioni assembleari – garantita anche attraverso l’utilizzo di mezzi di telecomunicazione [159] – la si desume anche dal comma 2, dell’art. 2405 c.c. che ne prevede la decadenza allorquando, anche una sola volta, i sindaci non partecipino all’adunanza assembleare. È evidente che la presenza del collegio sindacale alle riunioni assembleari consente a quest’ultimo di effettuare sia un controllo ex ante, rivolto alla verifica del rispetto delle norme relative alla convocazione dell’assemblea, sia concomitante [160], in quanto rivolto a verificare che le delibere assunte dai soci non risultino in contrasto con la legge e/o con lo statuto. In particolare, in dottrina è stato osservato come la scelta del legislatore di utilizzare nell’art. 2405 c.c. il verbo «assistere» e non quello di “partecipare” potrebbe far pensare che i sindaci debbano presenziare in qualità di meri spettatori e che il loro intervento sia strettamente strumentale all’esercizio del dovere di controllo, senza che essi partecipino in alcun modo alla formulazione della volontà sociale [161]. In realtà sebbene i sindaci non contribuiscano alla formazione della decisione dell’organo plenario, ciò non implica che essi non debbano effettuare le proprie osservazioni e valutazioni preventive, dal momento che, pur non avendo diritto di voto, è facoltà dei sindaci interloquire e informare i votanti in merito alle conseguenze derivanti dal voto espresso da questi ultimi [162]. Inoltre, il collegio sindacale è altresì investito anche di portare all’attenzione dei soci tutti i dati ritenuti rilevanti che abbia [continua ..]
Se le riunioni assembleari consentono ai sindaci di acquisire informazioni e, allo stesso tempo, di garantire che le delibere dei soci siano assunte in maniera legittima, lo strumento che, al contrario, permette al «decisore d’ultima istanza» [171] di venire a conoscenza di informazioni specifiche da parte del collegio sindacale e che costituisce il flusso informativo per “eccellenza” per assemblea, da parte dell’organo di controllo [172], è la relazione al bilancio di cui all’art. 2429 c.c. [173]. Invero, il collegio sindacale, mediante tale relazione riferisce all’assemblea «sui risultati dell’esercizio sociale», in merito all’«attività svolta nell’adempimento dei propri doveri» e, infine, formula le «osservazioni e le proposte in ordine al bilancio e alla sua approvazione», con particolare riferimento all’esercizio della deroga [174] di cui all’art. 2423, comma 4, c.c. Dal dato testuale della disposizione è evidente come il legislatore abbia fatto uso di formule abbastanza ampie e generiche per indicare il contenuto della relazione [175]. Orbene, il primo obbligo informativo al quale il collegio sindacale dovrà adempiere nei confronti dei soci è quello di riferire sui «risultati dell’esercizio sociale». Un’interpretazione meramente letterale della norma porterebbe l’interprete a desumere che all’organo sindacale è richiesta la semplice illustrazione del risultato economico conseguito, sia esso un utile oppure una perdita. Senonché la sola presa d’atto del risultato conseguito sarebbe comunque arguibile dai soci attraverso la lettura tanto dello stato patrimoniale, quanto del conto economico. A tal proposito, si è anche osservato che il legislatore, facendo uso di un sostantivo al plurale (risultati), è come se abbia effettivamente richiesto al collegio sindacale di riportare in maniera sintetica «le voci contabili capogruppo, le cifre riflesse nello stato patrimoniale e nel conto economico» [176] o, ancora, i risultati conseguiti nei differenti settori di attività che sarebbero altresì rinvenibili anche nella nota integrativa. Ma, sul piano teleologico, la norma sembra richiedere al collegio sindacale di riportare informazioni che possono non emergere immediatamente dalla [continua ..]
È noto che l’art. 2403 c.c. – a differenza di quanto disposto sia dall’art. 149 del t.u.f., sia nell’art. 2409-octiesdecies, comma 5, lett. b), c.c. [197], – non faccia esplicito riferimento al sistema di controllo interno [198], ma è altrettanto acclarato in dottrina [199] che esso è «implicito nel riferimento all’assetto organizzativo» [200] e che il collegio sindacale debba vigilare sull’adeguatezza e sul funzionamento dello stesso [201]. Difatti, al collegio sindacale spetterà valutare l’adeguatezza del sistema di controllo interno verificando, in maniera sintetica, se esso consente di indentificare, misurare, monitorare e gestire i principali fattori di rischio al fine di raggiungere gli obiettivi aziendali [202]. In altri termini, stando a quanto previsto dalle norme di comportamento del collegio sindacale nelle società non quotate emanate dal CNDCEC – che, come affermato in giurisprudenza, devono essere osservate «là dove manchino disposizioni di legge» [203] – l’attività di vigilanza effettuata dal collegio sindacale dovrà essere prevalentemente rivolta «alla valutazione della capacità del sistema di controllo interno di prevenire non conformità significative rispetto alla legge, allo statuto e ai principi di corretta amministrazione» e non ad «esprimere un giudizio sull’efficacia dello stesso» [204]. In particolare, nel valutare l’adeguatezza e il funzionamento del sistema di controllo interno, il collegio sindacale dovrà dare priorità alle direttive, procedure e prassi operative che governano le attività in relazione alle quali sono stati individuati rischi significativi per l’impresa sulla base della loro rilevanza e della probabilità di accadimento. Sul piano pratico-operativo, lo svolgimento di tale attività richiede un necessario scambio informativo e documentale con tutti gli attori principali del sistema controllo [205]. Un flusso importante informativo dovrà essere scambiato, ex art. 2409-septies c.c., con il soggetto incaricato della revisione legale dei conti, il quale dovrà fornire le relative informazioni sui risultati dei controlli svolti [206]. Senonché, qualora l’organo amministrativo implementasse una struttura [continua ..]
Il modello organizzativo ex d.lgs. n. 231/2001 (o anche Modello), sulla cui osservanza e funzionamento vigila l’Organismo di Vigilanza [214] (d’ora in poi OdV) costituisce parte del sistema di controllo interno [215] di cui, come si è detto, il collegio sindacale deve valutare l’adeguatezza, in ragione dell’obbligo di vigilare sull’osservanza della legge e dello statuto, nonché sul rispetto dei principi di corretta amministrazione [216]. Affinché sia il collegio sindacale sia l’OdV possano adempiere ai propri doveri [217], diviene fondamentale che, tra loro, intercorra uno scambio informativo tale da consentire, da una parte, ai sindaci di effettuare la verifica dell’efficacia e dell’effettiva operatività del Modello, onde evitare che la società incorra in sanzioni che potrebbero compromettere le prospettive di continuità aziendale [218] e, dall’altra, all’OdV di ricevere flussi informativi “ad evento” da parte del collegio sindacale, qualora durante le sue verifiche emergano carenze e violazioni che presentino rilevanza sotto il profilo del Modello [219]. Invero, il tema dei flussi informativi trova, per quanto concerne l’OdV, una (alquanto scarna) regolamentazione nel d.lgs. n. 231/2001 all’art. 6, comma 2, lett. d), il quale dispone che il Modello debba «prevedere obblighi di informazione nei confronti dell’organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli». Il dato letterale della disposizione si limita solamente a istituire un flusso informativo in favore dell’OdV senza, però, specificare quali siano i soggetti onerati di tale dovere [220], lasciando, così, un ampio spazio all’autonomia privata. Senonché, tanto la dottrina [221] quanto le linee guida emanate dalle associazioni di impresa [222] hanno colmato tale lacuna legislativa individuando, a tal proposito, una distinzione tra: (i) flussi informativi verso l’OdV; (ii) flussi informativi che prendono origine dall’OdV e che saranno a loro volta indirizzati agli «altri interlocutori del sistema dei controlli interni e al vertice operativo della società» [223]. Dalla classificazione riportata è possibile notare come – sebbene si tratti di flussi informativi bidirezionali [224] – [continua ..]
Alla luce di quanto precede e dal nuovo quadro normativo generatosi a seguito dell’entrata in vigore del c.c.i.i., pare possibile rassegnare qualche conclusione. Invero, si è avuto modo di osservare, come il c.c.i.i. – con particolare riferimento alle norme relative alla «nuova allerta interna e esterna» [242] – da un lato, abbia contribuito ad intensificare il valore che l’informazione assume nella corporate governance rafforzando maggiormente la dialettica prevalentemente tra l’organo amministrativo e l’organo di controllo; dall’altro, abbia ampliato gli strumenti e i canali di raccolta delle informazioni che collegio sindacale ha a sua disposizione per poter meglio espletare la propria attività di vigilanza. Difatti, il collegio sindacale, oggi più di ieri, è tenuto a svolgere la sua attività di vigilanza che dovrà essere prevalentemente rivolta a verificare che l’organo amministrativo istituisca assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati alla natura e alla dimensione dell’impresa, ma anche funzionalizzati alla tempestiva rilevazione della crisi e alla perdita di continuità aziendale. Gli assetti implementati dall’organo amministrativo, sulla base di quanto previsto dal combinato disposto degli artt. 2381, 2086, comma 2, c.c. e 3 c.c.i.i., dovranno essere in grado di produrre informazioni sia per la regolare gestione dell’impresa, sia per prevenire situazioni di precrisi [243] e di crisi [244]. Sotto quest’ultimo aspetto, le informazioni generate dagli assetti dovranno, in particolare, consentire di rilevare gli squilibri patrimoniali, economici o finanziari, di perdita di continuità aziendale e, più in generale, dati consuntivi e previsionali da utilizzare nel test pratico previsto per la composizione negoziata. Gli assetti, inoltre, per essere considerati adeguati devono oltre che produrre le informazioni favorirne la circolazione a tutti i livelli aziendali e, in particolar modo, al collegio sindacale che è il vero «crocevia dei flussi informativi tra i diversi organi e le differenti funzioni sociali» [245] e che, per meglio orientare la propria attività di vigilanza, dovrà svolgere il c.d. «esercizio circolare» [246]. Inoltre, l’informativa endosociataria ottenuta dal collegio sindacale potrà [continua ..]