Lo scritto pone a confronto la posizione del socio gestore e quella dell’amministratore delegato con particolare attenzione alle ipotesi in cui quest’ultimo sia tale in virtù di un diritto particolare.
The paper compares the position of the manager shareholder to that of the chief executive, with particular attention to the hypothesis that the position of the latter depends on a particular right.
Keywords: limited liability company shareholders – CEO – limited liability company – delegation of authority
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1. Premessa - 2. Gestione dell’impresa e ripartizione di competenze nella società a responsabilità limitata - 3. L’attribuzione da parte del Codice della crisi in via esclusiva agli amministratori della gestione dell’impresa - 4. La delega di potere gestorio e la s.r.l. - 5. Il ruolo e la posizione del socio gestore e dell’amministratore delegato - 6. Il ruolo del socio gestore e del socio titolare, come diritto particolare, della posizione di amministratore delegato - NOTE
Se si pone a confronto la posizione del socio gestore di s.r.l. con quella dell’organo amministrativo è immediata constatazione come, pur potendo le competenze gestorie essere distribuite tra gli stessi, i loro compiti non sono sovrapponibili, dal momento che, come si vedrà meglio in seguito, al socio gestore non può che essere attribuita la fase autorizzativa o decisoria nell’ambito dell’attività amministrativa. Ciò comporta che anche vari profili di responsabilità presentino differenze, nonostante l’estensione, operata dall’art. 2476 c.c., della disciplina della responsabilità degli amministratori al socio gestore. Appare inoltre meritevole di attenzione un confronto tra il ruolo del socio gestore e quello dell’amministratore delegato. Invero, nella normalità dei casi, verrà attribuito dall’atto costitutivo un ambito differente di competenze: tendenzialmente al socio un potere circoscritto ad operazioni di particolare rilievo; all’amministratore delegato ampie competenze estese alla gestione ordinaria. Tuttavia, potrebbe configurarsi qualche ipotesi in cui le due competenze possono essere sostanzialmente parallele: si pensi al caso in cui al socio gestore sia conferito come diritto particolare il potere di amministrare un determinato ramo aziendale ed all’amministratore sia stato delegato dal consiglio il compito di gestire un altro ramo aziendale. La differenza di posizione e di ruoli appare, sotto certi profili, decisamente netta, anche solo tenendo conto che, in un caso, si tratta di un diritto particolare previsto nell’atto costitutivo e, nell’altro, di una delega di potere da parte del consiglio. Tuttavia, alla luce dell’ampia autonomia concessa ai soci di s.r.l., le due posizioni potrebbero essere notevolmente avvicinate, pur senza mai sovrapporsi. Nelle pagine seguenti cercherò di delineare un parallelo sotto vari profili tra le due figure e di verificare fino a che punto l’autonomia concessa ai soci possa avvicinarle. Preliminarmente occorre però esaminare se il sistema delineato dalla riforma societaria che consente un’ampia elasticità nella distribuzione di competenze gestorie tra amministratori e soci o singoli soci sia stato modificato dal Codice della crisi con le norme già attualmente vigenti. Occorre altresì premettere una breve [continua ..]
Come è noto, in conformità alle regole introdotte dalla riforma societaria, all’assemblea o alle decisioni dei soci di società a responsabilità limitata possono spettare, per scelta contenuta nell’atto costitutivo, competenze gestorie, ferme restando quelle inderogabilmente attribuite all’organo amministrativo dal comma 5 dell’art. 2475 c.c. Inoltre, anche nel silenzio dell’atto costitutivo, ciascun amministratore o soci di minoranza qualificata possono sottoporre alle decisioni dei soci “singoli argomenti”. Infine competenze gestorie, fatte salve quelle inderogabilmente spettanti alle decisioni dei soci o agli amministratori, possono essere conferite, quali diritti particolari, a singoli soci. È pertanto possibile che la gestione della società sia sostanzialmente attribuita ai soci o a singoli soci. Tuttavia anche in tal caso agli amministratori compete un ruolo di rilievo, avendo pur sempre il compito di eseguire le decisioni dei soci o di singoli soci. E ciò si riflette sulla loro responsabilità, tant’è vero che il legislatore, nel caso in cui spettino competenze gestorie ai soci, estende ad essi la responsabilità degli amministratori, ma non esonera affatto questi ultimi da tale responsabilità. Infatti, ai sensi dell’art. 2476, comma 8, c.c., sono altresì solidalmente responsabili con gli amministratori i soci che hanno intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci o i terzi. Ciò comporta che, nell’esecuzione delle decisioni dei soci o di singoli soci, gli amministratori debbano svolgere una funzione di “controllo”, avendo il potere e il dovere di sindacarle e di non dare esecuzione a quelle pregiudizievoli per la società [1].
Come è noto, l’art. 375 del Codice della crisi introduce un comma 2 nell’art. 2086 c.c. che dispone per tutti gli imprenditori in forma societaria o collettiva l’obbligo di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi, nonché di attivarsi per l’adozione e l’attuazione degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale. A sua volta l’art. 377 del Codice della crisi, nello stabilire che la gestione dell’impresa si svolge nel rispetto della disposizione ora richiamata, prevede che quest’ultima spetti esclusivamente agli amministratori. La norma è ripetuta sia con riferimento alla s.p.a., sia alle società di persone ed alla s.r.l. La riforma societaria aveva disposto, all’art. 2380-bis c.c., l’attribuzione in via esclusiva agli amministratori di s.p.a. della gestione dell’impresa. Infatti la governance di quest’ultima è caratterizzata da una rigida e inderogabile ripartizione delle competenze tra l’assemblea e gli amministratori: alla prima spettano i compiti di nomina, controllo in senso lato e distribuzione degli utili, mentre la gestione dell’impresa compete in via esclusiva agli amministratori. L’unica eccezione – espressa – è costituita dalla possibilità, attraverso una clausola statutaria, di conferire all’assemblea dei soci poteri autorizzativi relativamente al compimento di determinati atti gestori, stabilendo in tal modo che questi ultimi non possono essere posti in essere dagli amministratori senza il previo “consenso” dell’assemblea dei soci (cfr. l’art. 2364, comma 1, n. 5, c.c.). In realtà, sia con riferimento a determinate operazioni, sia sulla base di una ricostruzione sistematica, la rigidità della distribuzione di competenze tra assemblea e organo gestorio subisce ulteriori deroghe e limitazioni, ma sostanzialmente rimane ferma come principio di base l’attribuzione della gestione dell’impresa all’esclusiva competenza degli amministratori [2]. Il discorso è ancora più sfumato nel sistema dualistico, ove al consiglio di sorveglianza possono essere attribuite competenze di “alta gestione” (art. 2409-terdecies, [continua ..]
L’art. 375 del Codice della crisi, nel suo ultimo comma, inserisce un ulteriore comma nell’art. 2475 c.c., relativo agli amministratori di s.r.l., stabilendo che si applica, in quanto compatibile, l’art. 2381 c.c. Occorre subito sottolineare che il rinvio alla norma che disciplina il Presidente del Consiglio di Amministrazione e gli organi delegati nella s.p.a. contiene espressamente la previsione del limite della compatibilità. Il che si giustifica tenendo conto dei vari modelli di governance adottabili nell’ambito della s.r.l.: in particolare, ovviamente, la delega di potere gestorio non è compatibile con il sistema di amministrazione disgiunto, forse può attuarsi anche in presenza del sistema di amministrazione congiunto, è certamente utilizzabile in caso di formazione del consiglio di amministrazione (qualunque siano poi le modalità adottate per il suo funzionamento). L’amplissima autonomia concessa ai soci nel modellare la disciplina degli amministratori induceva a ritenere che l’art. 2381 c.c. fosse estensibile alla s.r.l. anche nel silenzio del legislatore [5]. In particolare la possibilità del ricorso al regime di amministrazione disgiunta comporta a maggior ragione l’ammissibilità della delega in caso di costituzione del Consiglio di amministrazione (e forse in ipotesi di amministrazione congiunta). Occorreva esaminare se, anche con riferimento alla società a responsabilità limitata, valgano i limiti previsti per la società per azioni, tenuto conto della sua maggior flessibilità [6]. La delega non poteva avere in ogni caso ad oggetto le competenze inderogabilmente attribuite al consiglio di amministrazione dall’ultimo comma dell’art. 2475 c.c. e poteva assumere le modalità fissate per la società per azioni [7]. Nell’ambito della società a responsabilità limitata (e forse a maggiore ragione, data la posizione dei soci) pareva necessaria, al fine di consentire la delega, l’autorizzazione contenuta nell’atto costitutivo o in una decisione dei soci. Il richiamo attuale alla disciplina dell’art. 2381 c.c. appare assai opportuno al fine di risolvere il problema relativo ai soggetti che hanno il compito di creare gli assetti adeguati, nonché di valutarli. Stando alla previsione normativa si tratta, nel primo caso, dei [continua ..]
Un confronto tra il ruolo e la posizione del socio gestore di s.r.l. e quella dell’amministratore delegato potrebbe prendere le mosse dalla fonte del rispettivo potere. In un caso si tratta di un diritto particolare avente per oggetto la facoltà di amministrare previsto nell’atto costitutivo o in una sua modificazione; nell’altro di competenze gestorie attribuite dal consiglio di amministrazione ad un proprio componente. La differenza è netta: da un lato un potere gestorio per così dire originario, dall’altro un potere delegato. Tuttavia la contrapposizione potrebbe essere meno netta qualora la scelta del delegato fosse effettuata non dal consiglio, ma dalla stessa assemblea dei soci o comunque da una decisione di questi ultimi. Senza affrontare il problema dell’ammissibilità della figura dell’amministratore delegato di s.p.a. o di s.r.l. di nomina assembleare, su cui mi soffermerò nelle pagine seguenti, in ogni caso, qualora la si ritenesse ammissibile, si tratterebbe comunque di un organo, sia pure di nomina assembleare, ma in posizione subordinata rispetto al consiglio, a differenza del socio gestore, che si colloca, nell’ambito delle proprie competenze, “accanto” al consiglio. Al socio gestore possono essere conferite tutte le scelte gestionali, fatta eccezione per quelle inderogabilmente attribuite all’assemblea o alle decisioni dei soci e all’organo amministrativo, elencate dall’art. 2475 c.c. a cui si deve aggiungere, come si è già sottolineato, la predisposizione degli assetti adeguati. All’amministratore delegato possono essere conferite dal consiglio tutte le competenze amministrative, escluse quelle che l’art. 2381 c.c., ora esteso alla s.r.l., qualifica come indelegabili. Non è tale la predisposizione degli assetti adeguati, dal momento che lo stesso art. 2381 c.c., come si è osservato, attribuisce tale compito proprio agli organi delegati. Da ciò consegue che al socio gestore non potrà mai essere conferito, dall’atto costitutivo, il compito di predisporre gli assetti adeguati, che spetta esclusivamente al consiglio di amministrazione, con l’eventuale possibilità di delegarlo ad uno o più amministratori. La modificazione delle competenze attribuite al socio gestore, comportando una variazione del contenuto del diritto particolare, [continua ..]
Particolarmente interessante mi sembra il confronto tra la posizione di due soci, entrambi titolari di un diritto particolare, nel primo caso avente per contenuto l’attribuzione di poteri gestori, nel secondo caso il conferimento del ruolo di amministratore delegato con una determinata sfera di competenze. Si tratta, in primo luogo, di verificare se questa seconda ipotesi sia ammissibile: occorre esaminare l’ambito di autonomia concessa ai soci, e in particolare a quelli della s.r.l., nell’organizzare la delega di potere gestorio; si tratta poi di verificare se i diritti amministrativi attribuibili ai singoli soci possano avere il contenuto ora indicato [10]. Nell’ambito delle trattazioni dedicate alla disciplina della delega di potere gestorio (come si è visto, l’art. 2381 c.c. dettato in tema di società per azioni è esteso alla s.r.l.) uno dei profili particolarmente problematici è sempre stato quello relativo al rispettivo ruolo dell’assemblea e del consiglio. Nello schema normativo alla prima (o all’atto costitutivo) compete la facoltà di autorizzare la delega; al secondo, se autorizzato, spetta la decisione in ordine all’utilizzo di tale facoltà e, in caso positivo, all’individuazione dell’oggetto e delle modalità della delega, nonché delle persone dei delegati. Conseguentemente il consiglio può revocare la delega, modificarne contenuto e modalità, revocare o sostituire i delegati. Tale distribuzione di competenze organizzative è modificabile dai soci? Non pare dubbio che questi ultimi in sede di atto costitutivo oppure in sede assembleare possano definire l’ambito della delega e le relative modalità. In tal caso le prerogative del consiglio rimangono intatte, salva naturalmente la non possibilità di modificare oggetto o modalità della delega. Una seconda ipotesi è quella della c.d. delega obbligatoria e quindi non solo dell’autorizzazione da parte dell’atto costitutivo o dell’assemblea, ma dell’imposizione al consiglio di utilizzare tale strumento. Anche in tal caso al consiglio rimarrebbero i poteri ora richiamati, fatta eccezione per la revoca della delega. Più problematica è l’ipotesi in cui l’atto costitutivo o la deliberazione dell’assemblea riservino a quest’ultima la facoltà di [continua ..]